Cos’è la sindrome genito-urinaria e come trattare questo disturbo della menopausa

L’arrivo della menopausa è un momento molto importante nella vita di una donna. Spesso, oltre ad un impatto emotivo, questa condizione porta con sé una serie di disturbi che possono incidere negativamente sulla qualità della vita, ma che, se correttamente riconosciuti, possono essere trattati con successo.

Come riconoscere e trattare la sindrome genito-urinaria

Cos’è la sindrome genito-urinaria in menopausa?

La sindrome genito-urinaria (Genital Syndrome of Menopause – GSM) è un complesso di condizioni cliniche che si verificano nella donna in menopausa a seguito del mutamento ormonale.

Avvengono principalmente a tre livelli:

  • disturbi vaginali: irritazione, bruciore, secrezioni biancastre e spesso accompagnate da dolore.
  • disturbi urinari: urgenza di urinare a volte con incontinenza, bruciore alla minzione, infezioni con cistiti ricorrenti, in particolare dopo i rapporti sessuali.
  • disturbi sessuali: assenza di lubrificazione, anche dopo la stimolazione, e dolore durante il rapporto.

Questo insieme di disturbi può influenzare negativamente la qualità della vita della donna e l’intimità con il partner, soprattutto in caso di menopausa precoce o chirurgica. Anche le donne che non hanno attività sessuale regolare possono soffrire di tali condizioni. Anzi, in assenza di stimolazione, i tessuti con poca elasticità diventano sempre più delicati e soggetti a problematiche quali secchezza, escoriazioni, microtraumi e sanguinamenti.

Nonostante più della metà delle donne in menopausa soffra di disturbi riconducibili alla GSM, la sindrome è ancora poco studiata e sotto-diagnosticata.

Si evidenzia anche una particolare reticenza da parte della donna a parlare di questi disturbi con il proprio medico, soprattutto perché questi vengono interpretati come parte del naturale e fisiologico processo degenerativo dovuto alla menopausa.

Cos’è l’atrofia vulvo-vaginale?

L’atrofia vulvo-vaginale (VVA) è il principale sintomo della menopausa e, all’interno della sindrome genito-urinaria, rappresenta la parte relativa ai disturbi genitali e sessuali. È la causa anatomica che produce la “secchezza vaginale”.
Con gli studi più recenti, si è capito che la VVA oltre a coinvolgere i tessuti vaginali e vulvari, riguarda anche la vescica e l’uretra. Per questo ad oggi è più corretto definire l’insieme di questi sintomi con l’espressione sindrome genito-urinaria della menopausa e non più solo come “secchezza vaginale”.

Infatti, alcune strutture dell’apparato genitale e di quello urinario hanno la stessa origine embrionale e la stessa sensibilità agli ormoni sessuali. Quando durante la menopausa questi ormoni cominciano a ridursi drasticamente, i recettori per gli estrogeni e il testosterone presenti nei tessuti vaginali e urinari ne risentono ugualmente (sebbene possano esserci differenze genetiche che predispongono una maggiore sofferenza in un organo piuttosto che nell’altro). Inoltre, durante i rapporti sessuali, entrambi gli apparati condividono alcune terminazioni nervose e sono soggetti alla stessa fragilità “biomeccanica”.

L’atrofia vulvo-vaginale è l’involuzione dei tessuti che riguardano l’apparato uro-genitale a causa della carenza di ormoni sessuali, quali estrogeni e testosterone.

I tessuti genitali interni ed esterni si assottigliano progressivamente e perdono elasticità, vascolarizzazione e lubrificazione. Anche la mucosa uretrale va incontro ad un processo di assottigliamento, divenendo più soggetta a infezioni e incontinenze. In conseguenza di ciò, tutto l’apparato uro-genitale diventa più delicato e fragile, ed è predisposto a infiammazioni, dolori e micro abrasioni spontanee.

Oltre alla perdita di lubrificazione, si assiste anche ad un drastico calo di collagene ed elastina che rendono la vagina più chiusa, provocando dolore durante i rapporti sessuali.

I vasi sanguigni della mucosa diminuiscono e si chiudono, ostruendo la circolazione e non rispondendo agli impulsi nervosi di eccitazione.

I muscoli vaginali perdono proteine contrattili, massa e forza e, infine, i nervi riducono la trasmissione degli stimoli nervosi.

Quali sono i sintomi della sindrome genito-urinaria?

I sintomi, perciò, riguardano sia l’apparato genitale che quello urinario.

Per quanto riguarda l’apparato genitale, il sintomo più comune è la secchezza vaginale causata dall’assenza di ormoni sessuali che determinano la lubrificazione, e dalla perdita di vascolarizzazione che consente di rispondere agli stimoli nervosi dell’eccitazione.

La secchezza vaginale porta a problematiche nei rapporti sessuali piuttosto invadenti, che coinvolgono anche il partner e che minano una sana intimità. A seguito dell’assottigliamento della mucosa vaginale, si verificano abrasioni spontanee, a volte con sanguinamenti, con la tipica sensazione di avere dei piccoli tagli nella zona vaginale. L’assenza di fibroblasti a causa della mancanza di ormoni sessuali fa sì che la vagina si restringa e irrigidisca e la vulva diventi sempre più secca.

I rapporti sessuali diventano molto dolorosi (dispareunia), non solo per la donna. Anche l’uomo infatti, avverte la secchezza come un fastidio piuttosto sgradevole che ostacola la penetrazione e che comporta una sensazione di “carta vetrata”.

Anche la sfera psicologica, dunque, subisce un duro colpo in queste circostanze, portando ad evitare l’intimità e ad aggravare le situazioni di atrofia muscolare.

Dal punto di vista dell’apparato urinario, l’assottigliamento della mucosa uretrale porta a incontinenza nella minzione e bruciore urinario (disuria). In alcuni casi porta a condizioni di cistite cronica, specialmente dopo il rapporto sessuale.

Diagnosi e cure della sindrome genito-urinaria

La diagnosi si basa sulle evidenze, sui sintomi riportati dalla paziente e sulla presenza nei genitali interni ed esterni dei segni tipici della sindrome GSM.

Ci sono alcuni parametri che il medico può valutare per indagare la presenza dell’atrofia VVA e il suo stadio di avanzamento:

  • elasticità vaginale
  • secrezioni vaginali
  • pH
  • mucosa epiteliale
  • umidità vaginale
  • indice di maturazione vaginale

Individuata la presenza della sindrome genito-urinaria, si può scegliere il tipo di terapia adatta alla paziente.

Nei casi più lievi, si può procedere all’uso di lubrificanti per i rapporti sessuali e prodotti emollienti e idratanti da usare durante e dopo l’igiene intima.

Quando la sindrome è già ad uno stadio evoluto, le cure più efficaci sono quelle ormonali, sia da applicare localmente che da assumere oralmente.

Gli estrogeni più comuni da applicare localmente sono: estriolo, che essendo più leggero dell’estradiolo può essere usato per un tempo prolungato, promestriene e estrogeni coniugati. Il testosterone applicato localmente è utile quando anche i genitali esterni (vulva) risentono della secchezza vaginale.

La terapia ormonale sostitutiva può essere valutata in assenza di controindicazioni e in presenza di altri sintomi invalidanti della menopausa come le vampate.

Nei casi in cui le donne siano impossibilitate ad assumere ormoni, anche localmente, esistono soluzioni riparative ed antiossidanti all’acido ialuronico o al colostro.

Un’altra soluzione è il laser vaginale che stimola la produzione di collagene e induce alla formazione di nuovi vasi. Sebbene la sua efficacia sia comprovata, i costi sono piuttosto elevati.

In molti riconoscono nell’integrazione di DHEA, un importante precursore di androgeni ed estrogeni prodotto dalle ghiandole surrenali, un valido rimedio che migliora l’elasticità dei tessuti, la tonicità dei muscoli vaginali e la circolazione sanguigna.

Infine, quando gli estrogeni vaginali sono controindicati o inefficaci, si può assumere per via orale l’ospemifene, un farmaco (non un ormone!) che funge da modulatore selettivo dei recettori estrogenici. L’ospemifene agisce in modo differente a seconda del tessuto e dell’organo: blocca e/o attiva i recettori estrogenici a seconda della necessità, per questo può essere usato anche dalle donne che non potrebbero ricorrere alle cure ormonali.

Conclusioni

La sindrome genito-urinaria è molto diffusa e si stima che interessi 2 donne su 3 in età da menopausa. Ha un impatto forte sulla qualità della vita e sul benessere sessuale, con pesanti ricadute psicologiche.

Per prevenire queste situazioni di malessere che, come abbiamo visto, sono di facile risoluzione, è importante che anche i medici si impegnino nell’attività di comunicazione sanitaria e prevenzione, per rendere le donne più consapevoli di questa realtà ed aiutarle ad aprirsi senza imbarazzi.

Durante le prime fasi della menopausa è bene effettuare controlli frequenti dal proprio ginecologo e urologo, per monitorare lo stadio dell’atrofia e intervenire appena necessario.