Prevenire è meglio” e, quando si parla di cancro al seno, questo consiglio si fa regola.

Per mantenersi in salute e scongiurare l’insorgere di patologie anche gravi, come il tumore, è necessario sottoporsi a screening periodici da specialisti, in grado di valutare i molteplici fattori di rischio che possono causare il cancro.

 

Prevenzione del cancro al seno: la parola agli esperti…

In un rapporto del Pacific Northwest Evidence-based Practice Center per l’U.S. Department of Health and Human Services – Agency for Healthcare Research and Quality, alcuni ricercatori hanno valutato l’importanza degli screening preventivi, elaborando un modello di riferimento ideale di sanità, utile da seguire per il Sistema Sanitario e, più direttamente, per i pazienti.

Nelle linee guida, è stata evidenziata l’importanza della mammografia, da eseguire ogni 2 anni nelle pazienti di età compresa tra i 50 e i 74 anni; sono, invece, risultate insufficienti le prove scientifiche volte a raccomandare questo tipo di screening periodico nelle pazienti di età superiore a 75 anni.

In caso di familiarità di cancro al seno, la mammografia è necessaria già a 40 anni.

Risultati? Gli studi randomizzati e osservazionali hanno dimostrato che la diagnosi precoce e una terapia immediata sono, in molti casi, risolutive. Si assiste, dunque, a una riduzione della mortalità per cancro al seno nelle pazienti di età 39-49 anni, 50-59 anni e 70-74 anni.

La riduzione è oscillata dal 25% al 31% per le donne di età 50-69 anni, e riduzioni simili si sono avute anche per le donne di età compresa tra i 40 e i 49 anni.

Grazie allo screening, quindi, si è abbassata la percentuale di mortalità delle pazienti, a prescindere da quale fosse la causa scatenante del cancro. Dagli esami, a essere diagnosticati sono stati soprattutto i carcinoma duttali in situ e in fase iniziale, a cui sono seguiti trattamenti mirati di radioterapia e, nei casi più gravi, di mastectomia.

 

I falsi positivi e il rischio di sovradiagnosi

Quando si effettuano degli esami periodici di controllo, come le ecografie al seno, può succedere che i risultati non sempre corrispondano all’esatta condizione del paziente. Si parla, allora, di falsi positivi.

Casi di questo genere si presentano soprattutto nelle donne più giovani e, quasi sempre, comportano l’esecuzione di ulteriori esami di approfondimento, come l’imaging e le biopsie aggiuntive.

La sovradiagnosi (circa l’11%-22% dei casi) permette di ottenere i risultati diagnostici precisi ma, allo stesso tempo, influisce negativamente sulla serenità delle pazienti che, secondo le indagini, provano angoscia, sfiducia e ripetono con meno probabilità la mammografia nei due anni successivi al test.

 

La mammografia ti salva la vita!

Non bisogna, però, mai perdere la fiducia e togliere valore a questi esami di controllo. Dalle ricerche analizzate si può concludere, quindi, che la mammografia (a prescindere dai normali margini di errore) rappresenta davvero la “soluzione salvavita” per le donne.

Il Servizio Sanitario e i medici di famiglia dovrebbero spingere le pazienti a eseguire gli screening da specialisti e, nello stesso tempo, a prestare la massima attenzione alle possibili anomalie della mammella, attraverso l’autopalpazione.

Prevenire è meglio, sempre, ma ciò che è importante ricordare è che è possibile, basta essere attenti e mettere al centro di tutto la propria salute.