Villocentesi

Villocentesi Milano

Villocentesi

La villocentesi è un esame che consiste nel prelievo di piccole parti di placenta chiamate “villi coriali”, frammenti che contengono lo stesso patrimonio genetico dell’embrione. Fornendo nutrienti e ossigeno, la placenta condivide numerosi geni con il bambino, per cui da essa è possibile ricavare preziose informazioni su eventuali anomalie congenite o malattie genetiche.

Esistono diversi livelli di indagine sul liquido amniotico e sui villi coriali in base al periodo di gestazione durante cui viene effettuato il prelievo. La villocentesi si esegue solitamente dall’inizio dell’11a e la fine della 12a settimana di gravidanza. L’amniocentesi invece si effettua tra la 16a e la 18a settimana di gravidanza, anche se in alcuni casi e in base alla necessità potrebbe essere eseguita anche leggermente prima oppure fino al termine della gestazione. Inoltre, preleva e analizza un campione di liquido amniotico e non di placenta.

Anche se entrambi gli esami hanno lo stesso scopo, la villocentesi può essere effettuata prima, per cui può fornire dei risultati in tempi più brevi rispetto all’amniocentesi. Inoltre, è un esame altamente attendibile che permette di diagnosticare o escludere malattie genetiche nel 99% dei casi.

Nel raro caso in cui i risultati di una villocentesi non dovessero essere chiari, quando ad esempio il campione prelevato non è sufficiente o quando si ha un “falso positivo”, si ricorre ad un’amniocentesi per ottenere una diagnosi accurata. Con risultato falso positivo si intende la presenza di anomalie genetiche soltanto nelle cellule della placenta ma non nelle cellule del feto.

Come si esegue la villocentesi?

Prima dell’esame vero e proprio, la ginecologa esegue un’ecografia per accertarsi della vitalità e dello sviluppo dell’embrione, e per identificare la posizione della membrana più esterna dell’uovo fecondato, sede dei villi coriali. Dopodiché, può iniziare la procedura sotto la guida dell’ecografia.

La villocentesi prevede l’introduzione ecoguidata di un ago in corrispondenza della placenta attraverso la parete addominale. Si prevengono eventuali fastidi con l’applicazione di anestetico locale e la disinfezione della pelle. Per prelevare i villi viene fatto passare un secondo ago attraverso il primo ago inserito e, mediante l’ausilio di una particolare pinza, si aspirano i frustoli di villi coriali, che passano direttamente in una provetta contenente un liquido fissativo apposito.

L’esame può avvenire anche via transcervicale (attraverso la cervice uterina) nei casi di utero retroverso, anomalia che rende difficile il raggiungimento dell’utero dalla parete addominale. In questo caso, si fa uso dello speculum, uno strumento che permette di allargare la vagina e facilitare l’osservazione della cervice uterina, o nel caso della villocentesi, l’ingresso di un tubicino per il prelievo dei villi coriali.

Quanto tempo ci vuole per avere i risultati?

Se lo scopo della villocentesi è quello di identificare il numero e la struttura dei cromosomi (esame del cariotipo fetale), i risultati arrivano dopo pochi giorni. Conoscere il numero di cromosomi permette di accertarsi della presenza o meno di anomalie cromosomiche, come la sindrome di Down, la sindrome di Edwards o la sindrome di Patau. Se invece sono richiesti esami più dettagliati, i risultati possono arrivare dopo due o tre settimane.

Quando si fa la villocentesi?

La villocentesi può essere eseguita a 10 settimane di gravidanza, anche se solitamente si preferisce raggiungere almeno l’11a-14a settimana. La villocentesi è consigliata generalmente quando esiste il rischio di una malattia genetica. In particolare, si consiglia di effettuare questo test in specifiche situazioni:

  • confermare o escludere una diagnosi in seguito a test di screening prenatali positivi o preoccupanti;
  • se in una gravidanza precedente il bambino era affetto dalla sindrome di Down, ci sono maggiori possibilità che si verifichi anche nella gravidanza attuale, motivo per cui il ginecologo potrebbe consigliare la villocentesi;
  • controllare la mamma oltre i 35 anni che ha un rischio maggiore di malattie cromosomiche;
  • storia familiare/ereditaria con presenza di una malattia genetica o portatori di una condizione genetica (ad esempio anemia mediterranea o fibrosi cistica).

A cosa serve la villocentesi?

Solitamente si preferisce svolgere la villocentesi per controllare l’eventuale presenza cromosomica della sindrome di Down in primis, ma i risultati sulle anomalie cromosomiche possono portare alla scoperta anche di altre eventuali condizioni. Nel caso di anomalie cromosomiche i risultati possono essere pronti in pochi giorni, invece qualora si ricercassero alterazioni genetiche puntiformi, potrebbero servire due o tre settimane per avere i risultati. La villocentesi può essere utilizzata anche per conoscere la paternità del feto.

Quali sono i rischi della villocentesi?

Di base la villocentesi è un esame invasivo ma fondamentalmente sicuro. La probabilità di rischi è molto bassa, ma è bene conoscere comunque di quali rischi si tratta:

  • aborto spontaneo con una probabilità dell’ 1-2% (3% se la villocentesi è avvenuta via transcervicale);
  • sensibilizzazione Rh: quando viene effettuato il prelievo dei villi coriali, alcune cellule del sangue del bambino potrebbero confluire nel sangue della mamma. In questo caso se la mamma ha sangue Rh negativo privo di anticorpi con Rh positivo, bisognerebbe somministrare l’emocomponente immunoglobulina Rh. Così facendo si impedisce al corpo della mamma di produrre anticorpi Rh che potrebbero introdursi nella placenta e danneggiare i globuli rossi del bambino;
  • infezione, soprattutto uterina, in seguito al prelievo dei villi coriali;
  • difetti alle dita delle mani o dei piedi del bambino, specialmente se la villocentesi viene eseguita prima della 10 settimana di gravidanza.

Come per l’amniocentesi, i rischi della villocentesi si riducono ulteriormente se l’esame viene eseguito da uno specialista esperto e competente.

Villocentesi riposo per quanto? Fa male?

Le donne che si sono sottoposte alla villocentesi non ne parlano come di una procedura dolorosa, ma più come fastidiosa nel momento d’inserimento dell’ago. Nel caso di villocentesi per via transcervicale, il fastidio è stato paragonato a quello che si prova durante un Pap Test.

È possibile che dopo l’esame si verifichino piccole perdite ematiche o minime contrazioni, ma nel caso in cui fosse di un’entità allarmante bisogna immediatamente avvisare il proprio ginecologo. Per sintomi preoccupanti si intende perdite abbondanti di sangue o liquido amniotico, dolori addominali intensi o comparsa di febbre.

Dopo la villocentesi si consiglia di stare a riposo, di evitare sforzi, attività sessuali e in genere attività fisiche intense per almeno 48-72 ore.

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