
Endometriosi: cause, sintomi e trattamenti
Indice
In Italia, sono migliaia le donne in età fertile che soffrono di endometriosi, una patologia che causa dismenorrea, ovvero un forte dolore pelvico che compare durante il ciclo mestruale.
L’endometriosi è scatenata dalla crescita eccessiva di tessuto endometriale, simile a quello che riveste l’interno dell’utero, ma in una posizione ectopica, al di fuori dell’utero. Queste lesioni si localizzano, comunemente, sulle ovaie, sulle tube di Falloppio, sulla superficie dell’utero, del colon, e sul rivestimento della cavità pelvica (cioè il peritoneo).
Meno comunemente coinvolgono la vagina, la cervice e la vescica e altri organi al di fuori
dell’apparato genitale.
Cos’è l’endometriosi?
Quando il tessuto endometriale che solitamente riveste la cavità uterina si trova in sedi anomale – fuori dall’utero – si parla di endometriosi. Tale fenomeno può presentarsi già dalla prima mestruazione (menarca) e accompagnare la donna fino alla menopausa, anche se nella maggior parte dei casi l’endometriosi si manifesta tra i 25 e i 35 anni.
La sede più comune è l’ovaio, ma l’endometriosi può riscontrarsi anche nel peritoneo pelvico, nella vescica, nel setto retto-vaginale, nell’intestino e in alcuni casi anche in sedi extra-pelviche.
In Italia il 10-15% delle donne in età riproduttiva soffre di endometriosi e la malattia interessa circa il 30-50% delle donne che hanno difficoltà di concepimento o infertili.
Le donne che soffrono di endometriosi spesso riscontrano irregolarità del ciclo mestruale e problemi di fertilità (peggioramente della qualità degli ovociti e l’alterazione della funzione tubarica). Il processo infiammatorio generato dall’endometriosi, infatti, va a compromettere il funzionamento dell’ovulazione femminile.
Chi è affetto da endometriosi?
L’endometriosi colpisce le donne in età fertile. Non si ha una chiara percentuale delle pazienti colpite, essendo la condizione, spesso, asintomatica.
Mediamente, si è valutato che l’endometriosi interessa oltre due milioni di donne. La patologia è tra le principali cause di dolore pelvico, risultando come responsabile di molte delle procedure laparoscopiche eseguite dai ginecologi.
Le stime indicano che dal 20% al 50% delle donne che seguono un trattamento per l’infertilità hanno l’endometriosi e fino al 80% delle donne con dolore pelvico cronico possono avere la patologia, sebbene non sia sempre diagnosticata.
L’età in cui compare è compresa tra i 25 e i 35 anni ed è assente nelle donne in post-menopausa. Gli studi suggeriscono, inoltre, che l’endometriosi è più comune nelle donne magre, alte e con un basso indice di massa corporea (BMI).
Tra i fattori di rischio troviamo:
• la gravidanza in tarda età;
• l’esordio delle prime mestruazioni in età precoce;
• la menopausa tardiva.
È anche probabile che ci siano fattori genetici che predispongono una donna all’endometriosi.
Quali sono le cause dell’endometriosi?
Le cause che portano alla comparsa dell’endometriosi non sono ben chiare.
Una teoria sostiene che il tessuto endometriale si deposita in aree ectopiche, grazie al flusso retrogrado dei residui mestruali, giungendo alla cavità pelvica, sebbene non si capisca come sia possibile.
Un’altra tesi è che le zone che rivestono gli organi pelvici possiedono cellule primitive capaci di svilupparsi in altre forme di tessuto, come quello endometriale. Questo processo è chiamato col nome di metaplasia celomatica.
In altri casi, il disturbo potrebbe essere attribuito a cicatrici chirurgiche, come quelle che si creano dopo un intervento di taglio cesareo.
Infine, si è riscontrata una risposta immunitaria alterata nelle donne con endometriosi, che può influenzare la naturale capacità del corpo di riconoscere il tessuto endometriale ectopico.
Quali sono i sintomi dell’endometriosi?
In molti casi, l’endometriosi è asintomatica. In altri, i disturbi più frequenti sono:
- dolore pelvico acuto;
- rapporti sessuali dolorosi;
- crampi o dolore durante i movimenti intestinali o durante la minzione;
- infertilità;
- diarrea o stitichezza;
- dolore lombare;
- fatica cronica;
- sangue nelle urine durante le mestruazioni;
- mal di testa;
L’intensità del dolore può variare di mese in mese e tra i soggetti colpiti. La gravità del dolore pelvico dipende dall’area in cui si localizzano i tessuti endometriali in eccesso.
Endometriosi e rischio di infertilità
L’endometriosi può provocare la formazione di tessuto cicatriziale all’interno del bacino. Se le ovaie e le tube di Falloppio sono toccate, i processi meccanici coinvolti nel trasferimento delle uova fecondate nelle tube possono essere alterati.
Inoltre, le lesioni endometriosiche possono produrre sostanze infiammatorie che influenzano negativamente l’ovulazione, la fecondazione e l’impianto dell’ovulo.
Di conseguenza, la patologia può rappresentare un fattore di rischio per la fertilità delle donne.
Come si diagnostica l’endometriosi?
L’endometriosi può essere diagnosticata valutando il dolore pelvico e i risultati di alcuni esami fisici. Possono essere riscontrati, durante una visita ginecologica, noduli nella vagina o legamenti che si attaccano alla parete pelvica.
Esami d’imaging, come gli ultrasuoni, possono essere utili per escludere altre patologie pelviche e suggerire la presenza di endometriosi nelle zone vaginali e della vescica, ma non sono in grado di diagnosticare in modo affidabile la patologia.
Per una diagnosi accurata, si consiglia un’ispezione visiva diretta mediante laparoscopia all’interno del bacino e dell’addome e la biopsia degli impianti, se necessaria. La laparoscopia è un intervento chirurgico a tutti gli effetti, eseguito in anestesia generale che prevede una o due notti di ricovero. Comporta l’introduzione nell’addome di un’ottica mediante incisione dell’ombelico con inalazione di una sostanza gassosa, di solito anidride carbonica che gonfia la cavità addominale e ne permette la visualizzazione degli organi contenuti. Gli impianti endometriali possono così essere visti direttamente.
CA 125: l’antigene tumorale spia dell’endometriosi
Secondo un recente studio, la presenza dell’antigene tumorale CA 125, cioè una glicoproteina prodotta dall’epitelio, i cui livelli elevati si riscontrano in malattie dell’ovaio, come il cancro, rappresenterebbe un fattore di rischio per l’endometriosi.
Per questa ragione, la misurazione dei livelli di CA 125 potrebbe essere uno strumento ulteriormente valido per la diagnosi del disturbo, senza la necessità di ricorrere alla chirurgia.
Lo studio
Un’indagine, somma di 22 studi che hanno coinvolto 3.626 pazienti con endometriosi agli stadi I-II e III-IV, ha dimostrato che l’analisi del CA 125 è uno strumento valido di diagnosi, sebbene un test negativo non possa dirsi assolutamente sufficiente per escludere l’endometriosi.
Come si cura l’endometriosi?
L’endometriosi può essere trattata con farmaci o asportazione chirurgica delle lesioni. Gli obiettivi del trattamento possono includere sollievo dai sintomi e miglioramento della fertilità.
I farmaci antinfiammatori non steroidei o FANS (come l’ibuprofene o naprossene sodico) sono comunemente prescritti per contribuire ad alleviare il dolore pelvico e i crampi mestruali. Questi farmaci antidolorifici non hanno alcun effetto sugli impianti dell’endometrio o sulla progressione della patologia.
Poiché l’endometriosi si verifica durante gli anni riproduttivi, molti dei trattamenti medici disponibili si affidano all’interruzione della normale e ciclica produzione di ormoni dalle ovaie. Questi farmaci comprendono analoghi del GnRH, o contraccettivi orali e progestinici.
Sarà lo specialista di fiducia a valutare il caso e a considerare l’approccio terapeutico più indicato.
Endometriosi: mai pensato di combatterla con l’allattamento al seno?
Un recente studio sembra aprire nuove strade e dare valide soluzioni per combattere l’endometriosi, una malattia finora cronica e particolarmente complessa, causata dalla presenza di tessuto anomalo sulla parete interna dell’utero (l’endometrio) e su altri organi, come ovaie, tube, peritoneo e vagina.
Le conseguenze, per le donne colpite, sono anche molto gravi: parliamo di emorragie interne, infiammazioni, sanguinamento eccessivo, forti dolori mestruali e perdita delle fertilità.
Secondo alcuni ricercatori, la risposta è allattando; le donne che nutrono i loro piccoli con latte materno riducono notevolmente il rischio di endometriosi dopo la gravidanza; ad affermarlo la dr.ssa Leslie V. Farland della Harvard Medical School di Boston.
“La ricerca si basa su una consapevolezza già forte: l’allattamento al seno fa bene a mamma e bambini”.
Ma come è possibile prevenire il disturbo proprio durante i mesi dopo il parto?
Gli specialisti, coinvolti nello studio, ritengono che l’interruzione delle mestruazioni più a lungo, dopo la nascita dei bambini a causa dell’allattamento, possa avere un vero e proprio effetto protettivo.
Se così fosse, molte pazienti neo-mamme eviterebbero l’esposizione eventuale a trattamenti che includono farmaci per il dolore, terapia ormonale e chirurgia per rimuovere le parti anomale di tessuto malato. Nei casi più estremi, sarebbe un modo per scongiurare una isterectomia totale.
Endometriosi Vs allattamento: i dati dello studio
Lo studio, pubblicato sulla rivista The BMJ, ha preso in esame 72.394 donne; di queste, 3.296 con endometriosi dopo la nascita.
Le pazienti che hanno allattato per almeno 3 anni hanno dimostrato di ridurre il rischio della malattia del 40% rispetto a quelle che hanno allattato per meno di un mese.
L’interruzione delle mestruazioni per 6 o 12 mesi dopo la gravidanza ha reso possibile una diminuzione di circa il 42% del rischio di disturbi legati alla formazione di anomalie nell’endometrio.
Non solo. Secondo la dr.ssa Leslie V. Farland, i cambiamenti ormonali che le donne avvertono durante l’allattamento, tra cui i livelli di ossitocina più alti e bassi livelli di estrogeni, svolgono anch’essi un ruolo chiave e rappresentano un beneficio per la salute delle donne.
“I nostri risultati non sono generalizzabili per le donne che hanno riscontrato l’endometriosi prima della gravidanza”, ha detto la dr.ssa Farland. Gli studi futuri dovrebbero analizzare se l’allattamento al seno sia in grado di ridurre i sintomi anche in queste pazienti. La positività della notizia ci fa ben sperare; staremo a vedere quali saranno le prossime scoperte in tal senso.
5 cose da sapere sull’endometriosi
1. C’è una correlazione tra endometriosi e mestruazione retrograda
Tra le cause più accreditate relative l’endometriosi c’è la mestruazione retrograda. Come abbiamo già spiegato, l’endometriosi si manifesta quando le ghiandole endometriali e lo stroma si spostano in zone extrauterine. In questo caso il sangue del flusso mestruale passa attraverso le tube di Falloppio colonizzando il peritoneo e le aree circostanti l’utero e le ovaie.
Ciò nonostante la mestruazione retrograda non è l’unica causa dell’endometriosi, bisogna valutare anche altri fattori tra cui quelli immunitari, gli stati infiammatori e la predisposizione genetica oltre a rari casi di metaplasia.
2. L’endometriosi dipende dagli estrogeni
In un ambiente ricco di estrogeni l’endometriosi prolifera, mentre subisce una battuta d’arresto quando i livelli di estrogeni sono più bassi. Ecco perché non viene mai diagnosticata precedentemente la prima mestruazione e dopo la menopausa, quando i suoi sintomi si affievoliscono scomparendo gradualmente. In questo caso il medico specialista può suggerire una terapia ormonale o, nei casi di dolore più acuto, il trattamento chirurgico.
3. Le lesioni endometriali e gli endometriomi possono intaccare anche gli organi non riproduttivi
Le lesioni endometriali e le cellule endometriali – gli endometriomi – a volte possono raggiungere organi non riproduttivi, rendendo il trattamento più difficoltoso. Nonostante le lesioni endometriali possano manifestarsi in quasi tutti gli organi del corpo femminile i siti più interessati sono l’addome, il bacino, la vescica, l’intestino e il retto.
Quando le lesioni penetrano oltre i 5 mm sotto la superficie peritoneale l’endometriosi si considera profondamente infiltrative e, anche se le cisti possono essere rimosse attraverso un intervento chirurgico, con il passare del tempo si possono riformare.
4. Alcuni alimenti rallentano la progressione dell’endometriosi
Premesso che il campione di studio sull’impatto della dieta nei sintomi dell’endometriosi è ancora molto basso, la ricerca ha evidenziato che alcune piccole variazioni nella dieta di chi soffre di malattie croniche di questo tipo possono avere degli effetti migliorativi sulla percezione del dolore.
Alcuni integratori – come fieno greco, olio di pesce, valeriana, vitamina B1, zenzero e zinco – e una dieta gluten free (senza glutine) possono alleviare il dolore provocato dall’endometriosi. Inoltre, prediligere una dieta povera di carne rossa e ricca di grassi alimentari come gli omega-3 a catena lunga, vitamina D, frutta, verdura e i latticini sembra aiutare a ridurre il rischio.
Nonostante siano ancora pochi gli studi sull’impatto alimentare nell’endometriosi, ma considerato il basso rischio che può comportare una variazione nello stile di vita della paziente, lo specialista di fiducia può valutare questa ipotesi, oltre alle terapie standard, per curare il disturbo.
5. L’endometriosi innalza il rischio di contrarre alcuni tumori
Il carcinoma ovarico – la sesta neoplasia più comune nelle donne – ha una possibilità di presentarsi del 0,5-1% su una donna sana. La percentuale di rischio cresce di circa il 50% nelle donne che soffrono di endometriosi a causa delle forti infiammazioni provocate dalla patologia. Anche in questo caso sono possibili dei trattamenti per diminuire il rischio come l’uso di contraccettivi orali e altre terapie.

AUTORE
Dott.ssa Cristina Passadore
Ginecologo Milano
La Dott.ssa Cristina Passadore è una specialista in Ginecologia e Ostetricia con oltre due decenni di esperienza a Milano. Con una vasta esperienza clinica accumulata in istituzioni prestigiose come l’Istituto Europeo di Oncologia e l’Ospedale San Raffaele.
Il suo interesse per il benessere completo della donna, sia fisico che spirituale, si riflette nell’approccio olistico e attento che adotta con ogni paziente. La Dott.ssa Passadore è anche una Specialista Referente del Consolato Americano per la cura di pazienti stranieri e una Consulente Tecnica d’Ufficio del Tribunale di Milano.